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Non esiste un obbligo a riguardo, ciononostante ARPA FVG ha predisposto un apposito modello ed invita tutti gli operatori ad utilizzarlo in modo da standardizzare a livello regionale il contenuto delle dichiarazioni.
In ogni caso è necessario che la dichiarazione contenga tutte le informazioni previste dall’art. 41-bis, in mancanza delle quali possono crearsi i presupposti per una gestione di rifiuti non autorizzata.
La norma, art. 41-bis comma 2, indica come destinatario obbligatorio la sola ARPA, ma è opportuno che copia della dichiarazione venga inviata per conoscenza anche ai Comuni in cui si trovano i siti di produzione, deposito e utilizzo e/o alle autorità che autorizzano l’opera da cui si generano i materiali da scavo.
No; i documenti tecnici verranno richiesti da ARPA in fase di eventuale controllo.
Sì, anzi, in base all’art. 5-bis del Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD - D.Lgs. n. 82/2005) la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione.
E’ pertanto necessario l’utilizzo della PEC, in questo caso la dichiarazione deve essere sottoscritta e presentata unitamente alla fotocopia non autentica di un documento di identità valido del sottoscrittore.
Fanno eccezione i soggetti non organizzati in impresa, che possono utilizzare le altre modalità di presentazione consentite.
Sì, ai sensi dell’art. 71, comma 3, del DPR 445/00, qualora la dichiarazione presenti delle irregolarità o delle omissioni rilevabili d’ufficio, non costituenti falsità, ARPA ne dà notizia all’interessato che deve regolarizzare o completare la dichiarazione.
No; non si tratta di una richiesta di autorizzazione, ma di un’attestazione del rispetto delle condizioni previste dalla norma sotto la responsabilità del dichiarante.
In presenza di materiali da scavo prodotti nell’ambito di tutti i piccoli cantieri (< 6.000 mc) ai sensi del comma 1 dell’art. 41-bis e dei grandi cantieri (> 6.000 mc) non soggetti a VIA ed AIA ai sensi del comma 5 dell’art. 41-bis.
Per esplicito richiamo dell’art. 41-bis comma 1 sono tutti quelli elencati nell’art. 1, comma 1, lettera b) del D.M. 161/12, vale a dire:
“b. «materiali da scavo»: il suolo o sottosuolo, con eventuali presenze di riporto, derivanti dalla realizzazione di un'opera quali, a titolo esemplificativo:
- scavi in genere (sbancamento, fondazioni, trincee, ecc.);
- perforazione, trivellazione, palificazione, consolidamento, ecc.;
- opere infrastrutturali in generale (galleria, diga, strada, ecc.);
- rimozione e livellamento di opere in terra;
- materiali litoidi in genere e comunque tutte le altre plausibili frazioni granulometriche provenienti da escavazioni effettuate negli alvei, sia dei corpi idrici superficiali che del reticolo idrico scolante, in zone golenali dei corsi d'acqua, spiagge, fondali lacustri e marini;
- residui di lavorazione di materiali lapidei (marmi, graniti, pietre, ecc.) anche non connessi alla realizzazione di un'opera e non contenenti sostanze pericolose (quali ad esempio flocculanti con acrilamide o poliacrilamide).
I materiali da scavo possono contenere, sempreché la composizione media dell'intera massa non presenti concentrazioni di inquinanti superiori ai limiti massimi previsti dal presente Regolamento, anche i seguenti materiali: calcestruzzo, bentonite, polivinilcloruro (PVC), vetroresina, miscele cementizie e additivi per scavo meccanizzato”.
Sì; il comma 1 dell’art. 41-bis recita che la norma si applica in riferimento ai materiali da scavo prodotti nel corso di attività e interventi autorizzati in base alle norme vigenti e il comma 2 afferma che le attività di scavo e di utilizzo devono essere autorizzate in conformità alla vigente disciplina urbanistica e igienico-sanitaria. E’ opportuno pertanto riportare gli estremi delle autorizzazioni nella dichiarazione. Nel caso in cui la realizzazione dell’opera ricada in procedure che non prevedono un’espressione della autorità competente (ad es. PAS di cui alla L.R. 19/12) inserire comunque i riferimenti relativi all’autorità e all’abilitazione o alla comunicazione rilevanti ai fini dell’esecuzione dell’opera.
Generalmente no; è in ogni caso opportuno precisare che il suolo non contaminato scavato nel corso di attività di costruzione e utilizzato nello stesso sito in cui è stato scavato non rientra nella fattispecie di cui all’art. 41bis, e quindi non è oggetto di dichiarazione in quanto escluso dal campo di applicazione della Parte IV del D.Lgs. 152/2006 e s.m.i., e può essere gestito ai sensi di quanto previsto dall’art. 185 c. 1 lett. c) dello stesso decreto. Se invece il materiale, pur riutilizzato nello stesso sito, viene allocato temporaneamente in un deposito intermedio fuori dai confini del sito, in questo caso dovrà essere presentata una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà ai sensi dell’art. 41bis del D.L. 69/2013.
Sì, se conformi alla definizione presente nell’elenco di cui all’art. 1, comma 1, lettera b), del D.M. 161/12.
La legge non richiede esplicitamente l’effettuazione di analisi per cui non esiste un obbligo in tal senso, tuttavia il dichiarante si assume la responsabilità (anche penale) di dimostrare che il materiale rispetta i limiti qualitativi (colonne A e B della tab, 1, all. 5, Parte IV, D.Lgs. 152/06 e s.m.i.) previsti dalla norma e che non costituisce fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee. E’ pertanto opportuno disporre di valide documentazioni tecniche (ad es. documenti progettuali, verbale di campionamento e relativo rapporto di prova analitico, relazione di professionista abilitato, … ) a supporto di quanto dichiarato, da esibire in fase di eventuali controlli.
Qualora i dichiaranti si avvalgono di dimostrare il rispetto dei requisiti dei materiali da scavo attraverso l’esecuzione di determinazioni analitiche, ARPA FVG raccomanda che le stesse vadano riferite ad un campionamento rappresentativo eseguito da personale qualificato con metodiche idonee a garantire il confronto dei risultati con le CSC di cui alle colonne A o B della tab, 1, all. 5, Parte IV, D.Lgs. 152/06 e s.m.i. in funzione della destinazione d’uso che va identificata dal dichiarante in funzione degli strumenti urbanistici vigenti.
Sì, ai sensi dell’art. 71, comma 3, del DPR 445/00, ARPA deve effettuare controlli, anche a campione e in tutti i casi in cui sorgano dubbi sulla veridicità di quanto dichiarato.
La documentazione tecnica che attesti la veridicità di quanto dichiarato con riferimento a quanto previsto dall’Art. 41-bis, comma 1 tenendo presente che le dichiarazioni non veritiere sono suscettibili, ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/00, di sanzioni penali.
Decadono le condizioniper poter considerare gli stessi dei sottoprodotti, per cui potrebbero rientrare normativa sui rifiuti. Inoltre al dichiarante potrebbero essere imputate delle sanzioni penali nel caso in cui venga riconosciuto colpevole di dichiarazione non veritiera o di falsità negli atti ai sensi dell’art. 76 del DPR 445/00.
Sì; secondo il comma 2 dell’art. 41-bis deve essere segnalata entro 30 giorni al Comune del luogo di produzione, ma è opportuno che tale segnalazione avvenga nel più breve tempo possibile e che venga inviata anche all’Arpa destinataria della dichiarazione e al Comune del luogo di utilizzo.
Sì, ai sensi del comma 3 dell’art. 41-bis deve essere segnalata alle Arpa competenti con riferimento al luogo di produzione e di utilizzo. La norma non indica un limite temporale, ma è opportuno che la dichiarazione avvenga non appena ultimato l’utilizzo. A tal fine l’ARPA FVG ha predisposto un modello di comunicazione, non obbligatorio, ma consigliato per standardizzare le informazioni a livello regionale.
Ai sensi dell’Art. 3, D.L. 2/12 convertito con L. 28/12 e s.m.i. i riferimenti al “suolo” si interpretano come riferiti anche alle matrici materiali di riporto costituite da:
una miscela eterogenea di materiali di origine antropica, quali residui e scarti di produzione e di consumo, e di terreno, che compone un orizzonte stratigrafico specifico rispetto alle caratteristiche geologiche e stratigrafiche naturali del terreno in un determinato sito, e utilizzate per la realizzazione di riempimenti, rilevati e di reinterri.
In presenza di materiali di riporto nelle terre e rocce da scavo utilizzate come sottoprodotti dovrà essere garantito che tali materiali non costituiscano fonte di contaminazione diretta o indiretta per le acque sotterranee. A tal fine il produttore o proponente dovrà valutare l’opportunità di eseguire il test di cessione secondo le metodiche di cui al D.M. 5 febbraio 1998 e s.m.i. E’ facoltà in ogni caso del proponente o produttore valutare se la documentazione tecnica in suo possesso (natura dei materiali, soggiacenza della falda, contesto idrogeologico, natura dei terreni nel sito di destino etc.) consenta di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee.
ATTENZIONE: Si ricorda che ai fini dell’utilizzo di materiali di riporti in sito, come disciplinato dall’art. 41 del D.L. 69/12 come convertito con L. 98/12, queste matrici devono essere sempre sottoposte al test di cessione ai fini di escludere rischi di contaminazione delle acque sotterranee.