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Medusa urticante (cubomedusa) nelle acque del Golfo di Trieste

30/08/2017

Nel corso degli ultimi giorni di agosto ARPA FVG ha ricevuto segnalazione, da parte dell’Ufficio Circondariale Marittimo di Grado (Guardiacostiera Circomare Grado), di avvistamenti di alcuni esemplari di cubomedusa appartenenti alla specie Carybdea marsupialis. La sua presenza ha interessato le acque antistanti il litorale di Grado nel tratto compreso tra riva Bersaglieri e Porto San Vito ed in particolare all’interno del Porto Mandracchio di Grado. Non sono, invece a tutt’oggi, pervenute segnalazioni di Carybdea nelle aree del litorale di Grado dedicate alla balneazione.
La Carybdea marsupialis non era nel secolo scorso una specie comune in Adriatico (il primo avvistamento risale al 1878) ma, dalla fine del 1900, è stata più volte segnalata la sua presenza nelle acque poco profonde della fascia costiera dell’Adriatico occidentale (costa dell’Abruzzo, delle Marche e dell’Emilia Romagna). Nel 1989 viene documentata la prima comunicazione dell’avvistamento di un esemplare nel Golfo di Trieste nelle acque della costiera triestina dell’area dei Filtri di Aurisina (TS). Negli ultimi anni, numerose sono state le segnalazioni della sua presenza nell’area settentrionale dell’Adriatico. Questa piccola medusa trasparente (l’ombrello di forma cubica misura circa 3-4 centimetri) è dotata di 4 tentacoli lunghi sino a 30 cm su cui sono presenti, in numero molto elevato, delle cellule urticanti (cnidocisti); il contatto con i tentacoli provoca una puntura dolorosa ma, l’intenso dolore, è di breve durata. Studi effettuati su questa specie evidenziano che gli adulti si muovono velocemente e vengono attratti dalla luce della costa per cui, particolarmente verso sera, si avvicinano alla riva; si sconsiglia pertanto di immergersi soprattutto nelle ore notturne, nelle acque in cui la specie è stata avvistata.
Il 29 agosto un esemplare, raccolto dalla Guardiacostiera Circomare Grado dalle acque del Porto Mandracchio, è stato consegnato ai tecnici dell’Agenzia i quali l’hanno affidato agli esperti dell’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale - OGS di Trieste, per verificarne la specie e approfondire le conoscenze sulle sue caratteristiche morfologiche ed ecologiche.
Attualmente un altro organismo appartenente al macrozooplancton sta interessando con la sua presenza le acque del Golfo di Trieste. E’ lo ctenoforo: Mnemiopsis leidyi (noce di mare), tale organismo, benché nelle sue dimensioni, forma e distribuzione nello strato superficiale del mare può ricordare la più temuta Carybdea, non è assolutamente pericoloso per l'uomo essendo sprovvisto di tentacoli urticanti. L’eventuale suo contatto con il derma umano non produce nessun tipo di lesione (http://www.arpa.fvg.it/cms/tema/acqua/news/Ctenofori-nella-Laguna-di-Marano-e-Grado.html).

Come comportarsi e cosa fare in caso di punture di meduse:

-          vademecum stilato con la consulenza di Enzo Berardesca, direttore dell’Unità operativa di Dermatologia clinica all’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma a cura di Paola Arosio

(http://www.corriere.it/salute/dermatologia/14_luglio_29/punture-meduse-ecco-dieci-cose-fare-non-fare-440f6a04-1705-11e4-ad95-f737a6cb8946.shtml)

Cinque cose da fare

  • 1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.
  • 2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.
  • 3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).
  • 4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.
  • 5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. «In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico - spiega Berardesca -. In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».

Cinque cose da non fare

  • 1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. «In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi», precisa Berardesca. Meglio, quindi, non rischiare un’ustione.
  • 2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. «Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi - sostiene l’esperto -. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».
  • 3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.
  • 4. Se la reazione è localizzata, fai a meno delle creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.
  • 5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+)