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Meduse e altri organismi marini

09/08/2018

Arpa FVG, durante il periodo estivo, effettua il controllo sulla qualità delle acque costiere regionali. Durante i monitoraggi, i tecnici Arpa analizzano le caratteristiche fisico-chimiche e microbiologiche del mare e osservano la presenza di organismi acquatici potenzialmente pericolosi come le meduse (Cnidari Scifozoi), le cubomeduse (Cubozoi) e gli Idrozoi.

Durante tutto l’arco dell’anno le acque del golfo sono interessate dalla presenza di meduse che diminuiscono in numero durante i mesi invernali per poi aumentare in quelli primaverili ed estivi. 

In primavera e ad inizio estate si osservano le meduse del genere Aurelia e Aequorea che benché poco urticanti possono presentarsi in notevoli fioriture.

Il genere Rhizostoma, invece, è presente con individui isolati di grande dimensione (cappello con diametro di 0.5-0.8 m) nel periodo invernale e primaverile, per poi svilupparsi in fioriture più o meno estese nel periodo estivo, anche con individui di piccole dimensioni. I tentacoli di tale medusa possono provocare delle ustioni non gravi sulla pelle.

Nelle acque del golfo si osservano più raramente anche le seguenti meduse: Cothyloriza tubercolata, Chrysaora hysoscella, Pelagia noctiluca e la cubomedusa Carybdea marsupialis. Quest’ultime tre, e soprattutto Pelagia e Carybdea posso provocare delle gravi ustioni su derma sensibile.

In questo inizio agosto i monitoraggi hanno evidenziato la presenza di notevoli fioriture di Rhizostoma pulmo (polmone di mare o bota marina) interessanti soprattutto il litorale tra Lignano e Grado, la Baia di Panzano ed il tratto della costiera triestina. Al largo di Lignano sono stati osservati anche diversi esemplari di Cothyloriza tubercolata.

Un altro organismo marino che anche quest’anno, come nelle estati 2016 e 2017, è presente nelle acque marine e lagunari è lo Ctenoforo Mnemiopsis leidyi (noce di mare). Benché nelle sue dimensioni, forma e distribuzione nello strato superficiale del mare può ricordare la temuta Carybdea, non è assolutamente pericoloso per l'uomo: sprovvisto di tentacoli urticanti un eventuale suo contatto con il derma umano non produce nessun tipo di lesione. E’ un organismo alloctono, originario dell’Atlantico Occidentale e trasportato nel Mar Nero tramite le acque di zavorra delle navi, da qui si è propagato nei bacini marini limitrofi. Nel Golfo di Trieste è stato segnalato per la prima volta nel 2005, è un vorace predatore di zooplancton, uova e piccole larve di pesci, soprattutto delle acciughe e quindi può modificare il passaggio di energia (cibo) nella catena trofica, inoltre la sua massa gelatinosa intasa gli attrezzi da posta fissi creando gravi danni al settore della pesca.

 

Come comportarsi e cosa fare in caso di punture di meduse (vademecum stilato da Enzo Berardesca, direttore dell’Unità operativa di Dermatologia clinica all’Istituto dermatologico San Gallicano di Roma):

Cinque cose da fare

1. Se stai nuotando al largo e vieni sfiorato da una medusa, niente movimenti scomposti; devi respirare bene e cercare di raggiungere con calma la riva. Chiedi aiuto a qualcuno, se è necessario. Se invece sei già a riva, esci subito dall’acqua. Evita di gridare e (per quanto possibile) di agitarti.

2. Ciò che ti serve ce l’hai a portata di mano: lava la parte colpita con acqua di mare, in modo da diluire la tossina non ancora penetrata. Evita l’acqua dolce perché potrebbe favorire la rottura delle nematocisti (strutture urticanti che le meduse usano per difendersi) rimaste sulla pelle.

3. Con pazienza, cerca di pulire la pelle dai filamenti residui. Per rimuoverli, usa una tessera di plastica rigida, come bancomat o carta di credito, oppure un coltello usato di piatto (non dalla parte della lama).

4. Applica un gel astringente al cloruro d’alluminio, meglio se a una concentrazione del 5%. Serve a lenire il prurito e a bloccare la diffusione delle tossine. Lo trovi in farmacia.

5. Vai al pronto soccorso o chiama il 118 se ti accorgi che subentrano delle complicazioni, come reazione cutanea diffusa, difficoltà respiratorie, sudorazione, pallore, mal di testa, nausea, vomito, vertigini, confusione. «In alcune persone particolarmente sensibili, la puntura di una medusa, ma anche di un’ape o di una vespa, può innescare una reazione allergica estrema al veleno, lo choc anafilattico - spiega Berardesca -. In questi casi la tempestività di intervento è fondamentale».


Cinque cose da non fare

1. Non strofinare la zona colpita con sabbia o con una pietra tiepida. «In effetti le tossine sono termolabili, vengono cioè inattivate dal calore, ma perché ciò avvenga bisognerebbe raggiungere una temperatura di circa 50 gradi», precisa Berardesca. Meglio, quindi, non rischiare un’ustione.

2. Lascia perdere i rimedi della nonna, come ammoniaca, urina, aceto, alcol. «Questi metodi non solo sono inutili, ma possono risultare anche dannosi - sostiene l’esperto -. Ammoniaca e urina potrebbero ulteriormente infiammare la parte colpita».

3. Non grattarti, anche se è la prima reazione istintiva; se lo fai rompi le eventuali nematocisti residue, liberando ulteriore veleno.

4. Se la reazione è localizzata, fai a meno delle creme al cortisone o contenenti antistaminico: sono inutili perché entrano in azione solo dopo circa 30 minuti dall’applicazione e cioè quando la reazione è già naturalmente esaurita. Questi principi attivi possono invece andare bene per via orale, nel caso di lesioni diffuse o di disturbi generali, anche lievi.

5. Niente sole per qualche giorno sulla parte colpita. Nella fase di guarigione l’arrossamento lascia il posto a un’iperpigmentazione, che i raggi ultravioletti potrebbero rendere duratura. Per evitare antiestetiche macchie scure, usa una crema a filtro totale (50+).