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03 DICEMBRE 2021

Riconosciuto il danno ambientale ex-Caffaro di Torviscosa

Torviscosa - foto storica

Lo scorso 28 ottobre, la Corte d’Appello di Milano ha condannato la multinazionale Livanova PLC a rimborsare allo Stato oltre 453 milioni di euro per sanare il danno ambientale causato nei tre siti di interesse nazionale “Caffaro” di Brescia, Colleferro e Torviscosa dalle attività industriali delle società riconducibili al Gruppo SNIA. Gruppo dalla cui scissione societaria è nata nel 2004 la Livanova, con il conferimento di un ingente patrimonio che avrebbe dovuto essere destinato agli interventi di bonifica.

La sentenza rappresenta uno dei primi importanti pronunciamenti in materia di risarcimento del danno ambientale in applicazione del TU del 2006. Le produzioni Caffaro sono state riconosciute come la causa di fenomeni di inquinamento molto gravi, che hanno messo a rischio interessi di estrema rilevanza pubblica.

 

Il sito di Torviscosa

Il complesso degli stabilimenti di Torviscosa nasce verso la fine degli anni ‘30 ad opera della SNIA Viscosa per la produzione di paste chimiche e semichimiche da legno da utilizzare come materia prima nella produzione di fibre di viscosa (rayon e fiocco). Per la produzione di cloro ed anidride solforosa, necessari al processo di produzione della cellulosa, tra il 1949 e il 1950 si realizza l’impianto cloro-soda successivamente ampliato nel 1952 e nel 1957 e sostituito, per aumentarne le capacità, nel 1960. Successivamente, tra il 1962 e il 1964, entrano in funzione gli impianti per la produzione del caprolattame da toluolo, materia prima per la produzione del nylon, della pasta semichimica, nonché la nuova centrale termoelettrica.

La configurazione impiantistica è rimasta inalterata fino a quando, tra il 1975 e il 1978, sono state avviate le unità per la produzione di intermedi chimica fine che utilizzavano alcuni prodotti della linea del caprolattame. Tra il 1992 e il 1993 cessano le produzioni di paste chimiche e semi-chimiche da legno e viene avviato l’impianto per la produzione di cloroparaffine. 

Tra il 1996 e il 1998 vengono realizzati i nuovi impianti TAED (tetraacetiletilendiammina, attivatore per la detergenza), Nitrile e Multifunzionale. Nel 1999 viene avviato l’impianto per la produzione di Cloruro di Iodio. Con la chiusura dell’impianto di produzione del caprolattame, avvenuta nel 1999, cessano le produzioni “storiche” legate alle fibre e ai prodotti intermedi per fibre.

Nel 2002 vengono realizzati gli ultimi investimenti per la realizzazione di nuovi impianti, consistenti in un impianto di idrogenazione dell’acido benzoico e di imbombolamento dell’idrogeno.  L’impianto cloro-soda, unica produzione storica ancora presente in sito, non è più in esercizio dal mese di settembre 2008 a causa del sequestro dell’Autorità giudiziaria.

 

Il sito inquinato

Un’ampia area nell’intorno dello stabilimento, successivamente ridimensionata, è stata dichiarata sito inquinato di interesse nazionale (SIN di Torviscosa) e sono state avviate le opere di bonifica e ripristino ambientale.

Il mercurio è l’inquinante maggiormente rappresentativo dello stato di contaminazione dell’intero sito. Tale metallo è stato utilizzato dalla società Caffaro nel processo dell’impianto cloro-soda a partire dal 1949 e i propri residui sono stati dispersi sia nel terreno di proprietà, sia nelle acque di scarico del canale Banduzzi andando ad interessare anche la Laguna di Grado e Marano.

Nel procedimento civile promosso dal Ministero della Transizione Ecologica e patrocinato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Milano, Arpa Friuli Venezia Giulia ha messo a disposizione le competenze tecniche dei propri professionisti per rappresentare, nell’ambito della Consulenza Tecnica d’Ufficio (CTU) disposta dalla Corte d’Appello, gli interessi della collettività nella complessa e articolata ricostruzione dell’inquinamento e del danno ambientale prodotto dalla Caffaro.

 

La bonifica

Nel sito inquinato sono già stati avviati da parte del Ministero della Transizione Ecologica e della Regione importanti interventi di messa in sicurezza d’emergenza in sostituzione del responsabile dell’inquinamento, sulla base di Accordi di programma stipulati tra le due Amministrazioni. Gli interventi principali e in più avanzato stato di attuazione riguardano la rimozione delle peci benzoiche e il ripristino della funzionalità e il potenziamento della barriera idraulica.

La sentenza della Corte d’Appello di Milano rappresenta un primo importante traguardo raggiunto dall’Amministrazione pubblica verso il giusto risarcimento da parte dei responsabili dell’inquinamento dei costi di risanamento e ripristino ambientale in linea con il principio comunitario “chi inquina paga”.